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lunedì 1 dicembre 2014

PIRANDELLO! Lo spirito antidemocratico del genio Luigi Pirandello

Luigi Pirandello (Agrigento, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936) Drammaturgo, Scrittore e Poeta italiano, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1934. « Io son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco "Kaos". »
(Luigi Pirandello)
Pirandello e la Politica: Adesione Totale Al Fascismo.
Pirandello non aveva mai preso specifiche posizioni politiche, tranne l'ammirazione per il patriottismo garibaldino di famiglia, unica certezza in un'epoca di crisi. L'idea politica di fondo di Pirandello era legata principalmente a questo patriottismo risorgimentale.
Condivise le idee dei giovani Fasci siciliani e del socialismo; Per Pirandello, i siciliani e la Sicilia avevano solo subìto le peggiori ingiustizie dai vari governi italiani succedutesi fino ad allora dalla caduta del Regno delle Due Sicilie. Dopo attenta riflessione la decisione è presa: " L'idea risorgimentale della unità italiana nei fatti disattesa fino ad oggi, prende forma e sostanza con il Fascismo".
Chiese ed ottenne udienza con Mussolini e il 28 ottobre 1923 fu ricevuto dal Duce a Palazzo Chigi. Il 17 settembre 1924 Pirandello chiese l'iscrizione al P.N.F. inviando un telegramma direttamente a Mussolini: « Eccellenza, sento che questo è per me il momento più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita sempre in silenzio. Se l'E.V. mi stima degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregerò come massimo onore tenermi il posto del più umile e obbediente gregario. Con devozione intera. »
Per la sua adesione al Fascismo, Pirandello fu pubblicamente e duramente attaccato da alcuni intellettuali e politici italiani fra cui il deputato liberale Giovanni Amendola che in un articolo arrivò a dargli dell'"accattone" che voleva a tutti i costi divenir senatore del Regno.
Nel 1925 Pirandello fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti, redatto da Giovanni Gentile. E anche guardava al Fascismo come riorganizzazione di una società in disfacimento e completamente disordinata. il fascismo lo riconduceva a quegli ideali patriottici e risorgimentali di cui Pirandello era convinto sostenitore, anche per le radici garibaldine del padre. Pirandello vedeva con il Fascismo la messa in pratica della prima idea originale post-risorgimentale, che doveva rappresentare la "forma" nuova dell'Italia destinata a divenire modello per l'Europa. Grande appassionato di cinematografia, mentre assisteva a Cinecittà alle riprese di un film tratto dal suo romanzo "Il fu Mattia Pascal", nel Novembre 1936 si ammalò di polmonite. Dopo 15 giorni, la malattia si aggravò e il 10 dicembre 1936 Pirandello morì. Il regime fascista, che pur avrebbe potuto pretendere e propagandare esequie di Stato, rispettò invece le sue volontà espresse nel testamento: «Carro d'infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m'accompagni, né parenti né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta.» Le sue ceneri furono deposte in un vaso greco e portate nella villa di contrada "Caos".
Siamo ormai tra il 1947 e il 1962, nella trottola dell'Italia ridotta a "ombra di se stessa" in contrasto, contrariamente e molto - molto irrispettosamente con la volontà di Pirandello, che a parere di molti fu letteralmente insultata, le ceneri vennero traslate su richiesta del vescovo di Agrigento e, dopo una cerimonia religiosa, in un'urna metallica che dopo una serie di assurde traversie, furono infine incassate in una scultura monolitica.
« Sia lasciata passare in silenzio la mia morte. Agli amici, ai nemici preghiera non che di parlarne sui giornali, ma di non farne pur cenno. Né annunzi né partecipazioni. Morto, non mi si vesta. Mi s’avvolga, nudo, in un lenzuolo. E niente fiori sul letto e nessun cero acceso. Carro d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti, né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi. E il mio corpo appena arso, sia lasciato disperdere; perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non si può fare sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove nacqui.»
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