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venerdì 21 novembre 2014

QUANDO L'INSULTO E LA VIOLENZA E' PROGRESSISTA O ARCOBALENO VA TUTTO BENE. Tra le mille ipocrisie di sinistra non manca quella della condanna della violenza

Di recente abbiamo assistito a comunisti che si scagliano contro il carro funebre di Erich Priebke, sindacalisti assaltare le forze dell'ordine, gay aggredire fisicamente dei cittadini che manifestavano contro le "nuove forme di famiglia", Salvini fare il safari tra le scimmie imbizzarrite...ma quando si parla di violenza, e' sempre e soltanto "violenza fascista". C'e da riflettere sulla concezione di democrazia che hanno questi democratici, ed anche su molte, moltissime altre mistificazioni che mettono in atto, tra le quali appunto quella della violenza fascista.
Quando pero', a vedere simili scene di cui allego qualche link, o spaccare vetri di negozi o aggredire verbalmente chi la pensa in modo diverso guarda caso sono sempre elementi di sinistra puntualmente avallati e difesi dall'intellighenzia italica. Il fatto e' che la condanna della violenza e la democrazia dovrebbero essere i valori forza di questa area di italioti, non certo quelli dei fascisti che riconoscono l'importanza della violenza e la fregatura democratica, eppure loro stessi sputano sui loro valori...non disdegnando neppure di pulire il loro coltello sul nemico. Copio di seguito un bel articolo di Gianfranco de Turris.
VIOLENZA ARCOBALENO (link testo)>>> http://voxnews.info/2014/10/05/gang-gay-a-caccia-di-cattolici-per-le-strade-di-bologna-terrore-e-feriti/
VERMI SI RECANO AI FUNERALI DI ERICH PRIEBKE (video)>>>https://www.youtube.com/watch?v=Dr-jXeMoLl4
IL SAFARI DEL LEGHISTA (video)>>> https://www.youtube.com/watch?v=8Vn9U1aaLP4
TAPPARE LE BOCCHE DI CHI NON E' ALLINAEATO (video)>>> https://www.youtube.com/watch?v=lqLn5N6CGcs
Di Gianfranco De Turris:
Durante una manifestazione a Roma i No TAV assaltano la sede del PD, e Gianni Cuperlo parlò di “violenza fascista”.
Un giornalista de la Stampa viene pedinato e filmato nonostante sia sotto scorta; un senatore del PD trova sul pianerottolo di casa bottiglie incendiarie e lettere minatorie alla scuola calcio di suo figlio: entrambi sono nel mirino dei No TAV che sanno tutto di loro. Dopo aver denunciato il fatto, Marco Imarisio sul Corriere della Sera del 14 gennaio così conclude il suo corsivo: “Quello che stanno subendo Massimo e Stefano si chiama fascismo”, e il suo pezzo è intitolato “Non si sentono parole di condanna per le minacce fasciste dei No TAV”.
Ora che un politico di sinistra usi quei termini può essere comprensibile anche se non giustificabile, ma che usi una simile fraseologia un cronista di solito attento e oggettivo che non ha mai fatto sconti ai violenti è sconfortante. Vuol dire che la battaglia delle parole e il luogocomunismo progressista ha imposto i suoi diktat, e nessuno ha il coraggio di andare controcorrente. Non è vero che la violenza è violenza e non ha colore. La violenza invece da qualsiasi parte provenga ha un solo colore, quello nero, è fascista, mai quello rosso come pure sono i No TAV.
Eppure un giornalista come Imarisio dovrebbe avere buona memoria e ricordarsi, pur se magari non ha vissuto di persona quell’epoca, il modus operandi del terrorismo ultracomunista degli anni Settanta. Erano le Brigate Rosse, Prima Linea, Potere Operaio e le altre sigle consimili a fare proprio quello che stanno facendo oggi i No TAV, infiltrati e ormai guidati dai violenti e dai facinorosi di professione che a quella esperienza di quarant’anni fa si stanno rifacendo incoraggiati dalle Nuove BR in galera. Erano loro che pedinavano, fotografavano, annotavano orari di entrata e uscita da casa e dai posti di lavoro, prendevano i numeri delle targhe e gli indirizzi: si sono trovati fogli e quaderni pieni di simili dati, soprattutto di gente di destra, spesso alla fine ammazzata o ferita. Evidentemente anche quelli erano fascisti mascherati da comunisti come anche inizialmente si tentò di accreditare, ad esempio da parte di Umberto Eco e di Giorgio Bocca.
Non era affatto così, perché quelle brave persone erano compagni convinti, che magari sbagliavano come pure si disse, ma compagni, convintissimi delle loro idee comuniste e di quanto facevano, come in fondo lo sono oggi i No TAV.
Però oggi il comunismo non esiste più, i comunisti tanto meno e si sorride quando qualcuno li cita: ma guarda un po’, c’è ancora qualcuno che ci crede! Mentre invece il fascismo e i fascisti quelli sì che sono dietro l’angolo, alle porte, ci minacciano e ci spiano occultamente, sono pronti alla rivincita, non c’è affatto da scherzarci.
Essere riusciti a tanto è indice del potere che ha ancora l’intellighenzia, il giornalismo e la politica di sinistra: col tempo hanno effettuato una specie di lavaggio del cervello senza praticamente opposizione. La violenza di ogni tipo e genere, di ogni provenienza e manifestazione non è, non può essere che “fascista”!. Amen.
Cade (ritengo volontariamente) nella trappola linguistica anche il Pigi Battista, difensore sempre sulle colonne del Corriere della libertà di opinione scritta e parlata, anche se qualche volta se lo dimentica. In un altro corsivo, questa volta del 15 gennaio, stigmatizza l’assalto di un gruppo di studenti nei confronti di Angelo Panebianco, docente bolognese e collaboratore del quotidiano dove aveva osato scrivere parole sensate e controcorrente sulla immigrazione. Accusato di “razzismo”, imbrattate pareti e porta del suo studio all’università, irruzione nelle sue stanze, intimidazione. Per Battista si tratta di “squadrismo” e di “gestualità squadrista” tout court, neppure, chessò, di “squadrismo rosso”. C’era da scommetterci. Eppure Battista ha l’età e l’esperienza per ricordarsi bene cosa avveniva negli atenei italiani a partire dal mitizzato Sessantotto: le stesse identiche cose. Anch’esse ”squadrismo” o non piuttosto “violenza proletaria” contro i “baroni reazionari”? Da quella contestazione nacque infatti il terrorismo ultracomunista. I giovani che hanno insultato Panebianco lo definivano “razzista”, vulgo “fascista”. Da parte di “squadristi” un po’ strano.
Se la reazione pavloviana secondo cui ogni violenza è per definizione “fascista” ha attecchito nelle sinapsi di un famoso giornalista come Pigi Battista (il quale peraltro non dice a quale “collettivo” gli aggressori appartenessero), allora ci sono rimaste poche speranze per salvarci dal conformismo lessicale generalizzato.
Infine, la domanda da cui dipende, penso, la nostra possibilità di poter essere finalmente un “Paese normale”: perché la violenza nera di novanta anni fa è incancellabile e la violenza rossa di quarant’anni fa è cancellabilissima, al punto che su targhe e lapidi degli assassinati della formazioni comuniste non si capisce mai chi li abbia uccisi, mentre quella di Bologna è una “strage fascista”?
(Puoi leggere anche): PRIEBKE A DIO E VERMI ALLA TERRA. I comunisti non perdono il vizio di scagliarsi contro i cadaveri inermi http://ablocutio.blogspot.com/2014/11/priebke-dio-e-vermi-alla-terra.html

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